PER SOGNARE UN PO'...
------------------------------------------------------------------------------

La favola non smette mai di affascinare, sia i piccini sia i grandi. Le fiabe sono solo dei ricordi d'infanzia o non sono piuttosto un codice da interpretare? Andiamo alla ricerca dei valori, dei miti, della storia profonda dell'umanità e dell'io che trasmettono.

                          

giovedì 24 febbraio 2011

Lettura e rilettura di un albo illustrato

Nel passato le strategie adottate per leggere un albo illustrato erano:
- lettura di una parte del testo e sospensione per mostrare l’immagine corrispondente ai bambini.
- presentazione e spiegazione di tutte le illustrazioni del libro, seguita dalla lettura del testo, interrotto per mostrare l’immagine corrispondente.
In entrambi i casi, però, l’effetto prodotto è fuorviante, sia riguardo alla comprensione della storia che al piacere di leggere.
È un tipo di lettura che frammentando troppo il testo, indirizza l’attenzione del bambino solo su alcune parti della narrazione o sull’illustrazione.
Perché il piccolo lettore possa godere appieno della storia sarebbe preferibile leggere a voce alta e limitare al massimo le interruzioni.
L’educatore può sfogliare il libro, leggere il testo e ogni tanto interrompersi per mostrare l’illustrazione che rappresenta un momento significativo della narrazione.
Le interruzioni non dovrebbero essere molte e andrebbero studiate in precedenza.
La situazione ideale sarebbe quella di leggere per intero la storia e presentare le illustrazioni solo a lettura ultimata.
Solo a questo punto le figure possono essere esplorate in un secondo momento con modalità differenti:
- libera fruizione individuale, durante la quale il bambino osserva, riconosce, ricerca ciò che ha ascoltato ed in seguito scopre altri elementi insospettati.
- esplorazione collettiva, durante la quale i bambini riuniti in un gruppo spontaneo o gestito dall’educatore, guardano le immagini secondo un ordine stabilito assieme, le riconoscono, le ricollegano alla storia ed esprimono le loro preferenze.
- narrazione continuativa, eseguita dall’adulto, delle illustrazioni relative agli avvenimenti prima ascoltati.
Le tre diverse modalità di lettura iconica non si escludono ma si integrano, offrendo la possibilità di effettuare più riletture.
Il guardare le immagini solo dopo la lettura ad alta voce è un modo per abituare il bambino ad ascoltare e a percepire con attenzione la parola scritta.
Per amare la lettura dovrà imparare a non considerare la parola come subordinata all’immagine, che finisce per intrappolare l’originalità del linguaggio.
Utilizzando questa strategia potrà ridare sia all’immagine che al testo una propria autonomia narrativa e di significato provando un piacere profondo fruendo dei due tipi di linguaggio.
Il libro illustrato poi si presta a differenti modalità di rilettura delle immagini e del testo:
- rilettura delle sole immagini: condotta individualmente o in piccolo gruppo senza la presenza dell’adulto. È un tipo di lettura esplorativa durante la quale il bambino può soffermarsi su ciò che desidera e per il tempo che vuole.
Il bambino può chiedere alcune spiegazioni all’educatore o condividere le osservazioni con un compagno: è un modo per riappropriarsi meglio di un racconto piaciuto e per sentirlo più vicino.
- rilettura delle sole immagini in un gruppo gestito dall’educatore che attraverso la strategia di domande-stimolo guida i piccoli lettori: i bambini possono provare a narrare la storia oppure soffermarsi su alcune scene per rivivere le emozioni dei protagonisti.
È una lettura gestita come una conversazione, ma che può essere gestita solo dall’adulto senza l’intervento del bambino.
- rilettura del testo scritto da parte dell’adulto: può essere una lettura integrale dell’intero libro o parziale di parti significative e coinvolgenti.
Questo ritorno al testo può essere proposto dai bambini, ma deve essere sollecitato dall’adulto per abituare i lettori a soffermarsi in modo diverso sul testo.
L’educatore deve prendere questa scelta in precedenza per decidere che parti riproporre e le modalità esecutive scelte: la decisione verrà svolta anche grazie alle preferenze dei bambini.

Come scegliere un libro in base alle fasce di età

0-6 mesi: Ascolto della voce materna che legge e contatto fisico con l’uso dei cinque sensi. Inizio del rapporto con il libro: il bambino lo tocca e lo porta alla bocca.
Libri in: plastica imbottita che galleggiano, con maniglia e sonaglio sul dorso; stoffa di cotone, con pagine imbottite, o appendici di un cuscino; spugna pressata.

6-12 mesi: Interesse per foto e figure. Il bambino prende in mano i libri e cerca di manipolarli. Attrazione per immagini colorate di oggetti familiari o figure di bambini.
Libri in stoffa di cotone, con pagine imbottite, appendici di un cuscino o in spugna pressata. Primi libri cartonati di piccolo formato.

12-15 mesi: Il libro diventa un oggetto familiare che il bambino può sfogliare e contiene parole che lo attraggono. Libri con figure che riguardano azioni della vita quotidiana e di piccoli animali. Illustrazioni nitide ed essenziali, con bordi definiti, colori chiari, senza sfumature. Figure che il bambino è in grado di riconoscere; filastrocche, storie in rima; libri robusti e maneggevoli.

16-18 mesi: Ripetizione di espressioni e parole, primi meccanismi di comprensione.
Si tratta di libri che presentano: trasformazioni successive di uno stesso oggetto; un soggetto prima isolato ed in seguito all’interno di un contesto con un ruolo definito; oggetti chiari inseriti in una scena semplice, che permetta di fare associazioni logiche fra gli elementi e di identificarsi con i personaggi; frasi brevi e facili che il bambino può imparare.

18-21 mesi: Apprendimento di nuove parole, curiosità di conoscere nuovi oggetti delle storie, il bambino riesce a sfogliare il libro nel verso giusto, imita la voce del lettore. Si tratta di protostorie cioè storie semplici con successione di eventi; un personaggio che interagisce con oggetti o animali in situazioni simili; storie che trattano di vicende quotidiane; libri cartonati con buchi.

21-24 mesi: Comprensione di frasi brevi e semplici, apprendimento di nuove parole, richiesta di conoscere il nome degli oggetti e delle persone.
Storie brevi in cui si trovano episodi più complessi; albi cartonati e illustrati.

24-36 mesi: Il bambino porta con sé i libri in giro per casa e racconta le storie ai suoi giochi, comprensione di frasi più complesse e apprendimento di parole nuove.
Storie brevi che permettono l’identificazione con i personaggi, che narrano aspetti della vita quotidiana, divertenti, albi illustrati.

3-6 anni: Il bambino porta con sé i libri in giro per casa e racconta le storie ai suoi giochi, comprende frasi più complesse, apprende nuove parole attraverso la lettura.
Storie complesse in cui si trovano molti personaggi, storie fantastiche, di bambini che trattano momenti di vita quotidiana, di amicizia, di fratelli.
Libri fantastici e avventurosi, simili alle fiabe, albi illustrati.

Titoli di libri per bambini dagli 0 ai 3 anni

Di seguito ho deciso di riportare alcuni titoli di albi illustrati per bambini che ritengo molto significativi, e che a mio parere dovrebbero essere proposti negli asili nido e anche i genitori dovrebbero leggere ai propri figli, perché aiutano ad affrontare momenti difficili che fanno parte della quotidianità ma che spesso costituiscono delle vere e proprie barriere sia per i piccoli che si trovano impreparati ad affrontare il mondo, ma anche da parte dei genitori, quando si tratta di non ferire i loro sentimenti, o quando invece non sanno come rapportarsi con loro.

M. D’Allancé, Che rabbia!, Milano, Babalibri, 2000.
Narra la storia di un bambino che per la prima volta prova un sentimento così forte di collera che giunto ad un certo punto esplode; è particolare e semplice da capire perché è stato utilizzato un linguaggio semplice e delle immagini chiare, ma di sicuro effetto sul lettore.

P. H. Reynolds, Il punto, Milano, Ape Junior, 2003.
Il libro tratta la storia di una bambina che si sente inadeguata, non capace di portare a termine ciò che le viene richiesto, ma può accadere che l’incontro con un adulto, che invece capisce il suo punto di vista, possa ribaltare la situazione.

S. Lee, L’onda, Mantova, Corraini, 2008.
Si tratta di un albo illustrato privo di testo, che può essere considerato come una piccola opera d’arte, in cui è narrato l’incontro di una bambina con il suo nuovo compagno di giochi, il mare.

J. H. Chen, Il principe tigre, Milano, Babalibri, 2005.
È un albo illustrato che trae ispirazione da una leggenda cinese che narra la storia di un bambino cresciuto da una tigre; si può vedere un collegamento con Il Libro della giungla di Kipling.

L. Lionni, Federico, Milano, Babalibri, 2005.
Tratta la storia di un topolino che a differenza dei suoi compagni ha uno spirito creativo ed artistico: è una lettura moderna e capovolta della favola di Esopo La cicala e la formica.

I. e E. Mari, La mela e la farfalla, Milano, Babalibri, 2004.
Libro pubblicato per la prima volta nel 1969 ancora oggi riscuote grande successo, per il valore e la semplicità di una storia così bella che tratta della trasformazione di un piccolo uovo contenuto nella mela, in bruco, ed in seguito in farfalla, trasmettendo continuità nella narrazione dall’inizio alla fine.

E. Carle, Il piccolo bruco mai sazio, Milano, Mondadori, 1989.
Libro pubblicato per la prima volta nel 1969, tradotto in più di 30 lingue, narra della trasformazione di un bruco in farfalla, ma la sua particolarità consiste nell’uso di materiali scelti per la realizzazione, e per l’approccio educativo che trasmette ( i numeri, i giorni della settimana, gli alimenti).

Elzbieta, Flon - Flon e Musetta, Bolzano, Aer, 2004.
Il racconto è di un autore di origine polacca che in questo albo tratta i temi della guerra, della separazione, del distacco e della perdita: il bambino è in grado di immedesimarsi nel ruolo dei personaggi che, durante la guerra si trovano ad essere separati dal filo spinato non potendo più giocare insieme, ma che in seguito, una volta terminata, ritorneranno ad abbracciarsi.

A. W. Von Konigslow, Chi la fa nel posto giusto, Milano, Il Castoro, 2004.
Si tratta di un libro divertente e carino che presenta il modo in cui diversi animali si rapportano con l’uso del water: i bambini di sicuro rimarranno stupiti da questa storia in cui si possono identificare.

M. E. Agostinelli, Sembra questo sembra quello…, Milano, Salani, 2002.
È un libro che stimola la fantasia e la creatività del bambino, mostrando prima un particolare ingrandito di un’immagine, l’autrice invita il bambino a capire di cosa si tratta e a trovare delle analogie con l’oggetto rappresentato.

martedì 22 febbraio 2011

La mia esperienza di tirocinio

Quest’estate ho svolto il tirocinio promosso dall’università presso una scuola materna - nido Integrato a Rovigo per un totale di 250 ore.
L’attività ha rappresentato per me un’esperienza molto significativa, e che ha contribuito a rafforzare la mia scelta verso il lavoro futuro che andrò a compiere, in quanto mi ha permesso di mettersi in gioco e di confrontarmi con i vari momenti che caratterizzavano la giornata al nido.
Sono riuscita ad acquisire maggiore sicurezza e fiducia in me stessa perché ho avuto a che fare con educatrici molto qualificate, che mi hanno aiutato in ogni momento e nei miei confronti si sono sempre dimostrate disponibili, venendo incontro alle mie esigenze e magari correggendomi quando inconsciamente stavo sbagliando senza rendermene conto, cercando comunque di non farmi pesare un errore, ma inducendomi ad assumere un atteggiamento positivo, tranquillo e rassicurante.
Fin dal primo momento sono stata subito coinvolta nei vari momenti che scandivano la giornata, e ho cercato sempre di offrire il mio aiuto per rendermi conto direttamente come risolvere i problemi che si presentavano e per capire come i bambini reagivano alle varie attività proposte in sezione in gruppo o singolarmente, e nei momenti di condivisione come quelli dell’accoglienza e del pranzo in cui nido e materna sono uniti.
Una cosa che mi ha lasciato molto stupita, ma allo stesso tempo felice, è che i bambini erano entusiasti quando si trattava di svolgere nuove attività che facevano parte della progettazione annuale: si preparavano subito tutti seduti sulle seggioline ai banchi pronti ad aspettare il compito che l’educatrice avrebbe assegnato loro.
Li trovavo tutti molto intelligenti e desiderosi di provare, sperimentare e mettersi in gioco, senza timore se quello che facevano potesse essere sbagliato o meno, e pronti ad accettare il consiglio se venivano corretti, e spesso succedeva che venissero a chiedere se quello che avevano realizzato andasse bene, felici per aver svolto una nuova attività.
Avevano bisogno di essere stimolati, sembrava quasi lo chiedessero con gli occhi, sapevano di poter imparare tanto dagli adulti che li circondavano: mi rendevo conto di trattarli non come piccoli sottovalutando le loro potenzialità o capacità solo perché erano bambini, ma come “personalità attente” che si emozionavano per le cose più semplici.
Per sottolineare la grande attenzione ed intelligenza di questi bambini mi viene da pensare a come fossero attratti dai libri e la loro voglia di sfogliarli: il momento di aprire il baule con tutti i libretti colorati era molto atteso e appena ne estraevano uno, subito mi chiedevano di raccontare loro la storia.
Al giorno d’oggi, in cui la televisione e i videogiochi sembrano avere il primato sulle relazioni, sul piacere della scoperta e sullo stare assieme con gli altri per condividere qualcosa in compagnia, questi bambini rappresentano una eccezione e il loro comportamento si dimostra differente da quello di molti altri che spesso anche a casa sono lasciati soli di fronte alla tv babysitter, e i genitori per mancanza di tempo da dedicare loro gli propinano dei cartoni animati perché stiano tranquilli.
È bene sapere adottare delle strategie per mantenere viva la loro attenzione e il loro interesse, ad esempio tramite la drammatizzazione del racconto, oppure leggendo il libro mostrando loro le immagini in sequenza della storia, perché capiscano lo svolgimento cronologico e si immedesimino nei personaggi delle avventure.
Sono rimasta molto colpita da una bambina che era appassionata alla storia di Cenerentola e mi chiedeva di leggerla molte volte, sia per un senso di sicurezza che le derivava, dal momento che ripercorrendo assieme il racconto, lei poteva anticiparmi ciò che sarebbe accaduto nella pagina, e sia perché a lei piacevano molto il colore rosa e le storie di principesse, tanto che un giorno, terminato il racconto, ha preso per mano un suo compagno e si è immedesimata nel ruolo di Cenerentola al ballo con il principe.
Questo mi ha fatto sorridere e scaldato il cuore, perché ha significato per me essere riuscita a trasmettere qualcosa dal mio racconto, tanto da stupirla fino al punto di rivivere la situazione della storia, e le ha permesso di giocare con la fantasia e mettere in atto il gioco simbolico.
Per quanto riguarda la messa in atto del mio progetto ho ricevuto tutto il sostegno e l’aiuto necessario dalle educatrici e in modo particolare da Chiara, la mia tutor aziendale, che ha cercato di capire quali erano le mie difficoltà e ha fatto in modo di mettermi a mio agio di fronte ai bambini ai quali dovevo raccontare la storia, presentadomi e invitandoli a fare particolare attenzione perché avrei raccontato delle storie molto belle, che sarebbero piaciute loro.
Le varie letture proposte sono state concordate di volta in volta in base anche alle esigenze delle educatrici, che dovevano portare a termine le attività che facevano parte della progettazione annuale, e alle quali anch’io ho dato il mio contributo per realizzarle.
Il mio progetto si rivolgeva sia ai bambini del nido dai 24 ai 36 mesi della sezione primavera, sia ai bambini del primo ciclo della scuola materna, anche se per quanto riguarda una lettura, è stata svolta un’attività congiunta con i bambini sia di 3 che di 4 anni.
La prima lettura scelta riguardava la storia de I tre Porcellini che, essendo la prima esperienza di fronte ad un gruppo di bambini che non mi conosceva, si è svolta con l’ausilio di Chiara.
La storia era ben nota ai bambini, per cui si è voluto sfruttare questa caratteristica per meglio avvicinarli alla lettura e al mio progetto, e perché si sentissero sicuri dell’attività che dovevano svolgere.
Prima è stata presentata ai bambini di 3 anni tramite la lettura drammatizzata riproducendo i movimenti e i comportamenti dei personaggi, caratterizzando la voce a seconda del ruolo che veniva interpretato: la reazione dei bambini era di stupore.
Attirati com’erano dal racconto, ne seguivano tutte le fasi, e ridevano dei cambi di voce quando si interpretava il ruolo del lupo con la voce grossa e riproducevano il suo soffiare verso ciascuna delle case dei tre porcellini.
In seguito è stato proposto ai bambini di provare essi stessi a ripercorrere i vari momenti della storia, interpretando i ruoli dei vari personaggi: ciò ha avuto l’effetto di farli divertire entrando pienamente nel racconto, ed il momento che aveva per loro l’effetto più significativo era proprio il soffiare del lupo interpretato dal bambino, che, quando giungeva presso la casa di ognuno dei maialini, inseguiva il maialino che stava scappando cercando di raggiungerlo.
Al termine di questa attività i bambini a coppie o a gruppetti di tre dovevano colorare con i pennarelli i vari momenti della storia che sceglievano loro a seconda se era piaciuto di più il lupo che soffiava o i porcellini nella casetta, cercando di rispettare però, quelli che erano i colori reali dei personaggi e delle cose ( i porcellini di colore rosa, il lupo grigio …).
Questa attività in coppia o in gruppo serviva per far emergere in loro il concetto di condivisione con il compagno, per esempio dei pennarelli, e di cosa ognuno doveva colorare nella scena, perché capissero l’importanza del lavorare in gruppo oltre al rispetto di alcune regole che erano state introdotte nell’attività, e che sono presenti anche nella realtà quotidiana.
I disegni colorati dai bambini venivano disposti in sequenza, dopo che erano stati ordinati con l’aiuto dell’educatrice, e veniva realizzato in questo modo un cartellone a testimonianza dell’attività svolta, per lasciare un segno tangibile da appendere in sezione come ricordo per i bambini che erano stati i veri protagonisti dell’attività.
La lettura è stata proposta in maniera più semplificata anche ai bambini del nido che conoscevano molto bene la storia in tutti i passaggi, perché abituati a sfogliare i libretti presenti in sezione, e i personaggi erano stati stampati in fogli A4 perché i bambini sono molto attenti alle immagini e chiedono spesso di poter vedere meglio, per soddisfare la loro curiosità ed intelligenza.
E’stata svolta la lettura drammatizzata, in cui veniva letta la storia mimando con i bambini il soffiare del lupo quando si presentava ad ognuna delle case, caratterizzando la voce del lupo perché, essendo più grossa e forte, stuzzicava il loro interesse, contro la voce più flebile e paurosa dei porcellini.
I bambini hanno partecipato con grande entusiasmo disposti in cerchio per poter vedere anche nel libretto cosa facevano i vari personaggi, si sono dimostrati attenti e incuriositi: non c’è stato nemmeno bisogno di richiamarli perché osservassero meglio o ascoltassero, perché erano talmente attratti dal libro e dalla storia che conoscevano bene, che anticipavano il mio racconto, narrando ciò che sarebbe avvenuto in seguito.
Può essere utile lasciare qualcosa ai bambini dell’attività svolta perché possano averne un riscontro fisico, un oggetto, un disegno o cartellone, perché possano realmente venire a contatto con qualcosa fatto da loro, a testimonianza del lavoro svolto.
È stato poi chiesto loro di disegnare con i colori a cera i tre porcellini e il lupo in una scena che li ha colpiti maggiormente, e questo ha permesso di verificare se hanno scelto di utilizzare i colori che rispecchiano nella realtà i personaggi, e come evolve la loro capacità di rappresentazione e la manualità fine: il disegno sarebbe stato poi inserito nella cartellina personale di ogni bambino che, a fine anno, sarebbe stata consegnata ai genitori.
Un’altra lettura che ho deciso di affrontare con i bambini perché ho trovato significativa, ma allo stesso tempo semplice, con immagini che attirano l’attenzione, è stata La nuvola Olga di Nicoletta Costa, che ci è stata presentata come illustratrice durante il corso di Educazione alla lettura e che ha suscitato il mio interesse, per l’abilità dell’autrice nel rendere adatte le immagini a ciò che il testo vuole esprimere, e alla genuinità di colori e forme che evoca nell’insieme, e che suscitano nei bambini il piacere nel sfogliare il libro.
È stata proposta prima ai bambini di 3 e 4 anni che per l’occasione si sono riuniti in una classe e disposti nei vari banchi predisposti per l’attività, e che si sono dimostrati impazienti nell’attendere la lettura della storia che già li aveva colpiti per l’immagine della nuvola sulla copertina, ed erano emozionati come sempre quando si trattava poi di produrre realmente qualcosa.
La storia è stata letta cercando di dare enfasi per differenziare la voce della nuvola rispetto a quella degli altri personaggi, e nel frattempo si cercava di mostrare i vari personaggi oltre che nel libro, anche stampati su un foglio A4, per rendere meglio l’idea delle azioni che stavano svolgendo, attirando così i bambini che diventavano partecipi della lettura dialogata, perché venivano interpellati per verificare se avevano compreso le varie sequenze e se si ricordavano i nomi dei personaggi che Olga incontrava nel suo percorso.
Poi alcuni bambini venivano chiamati per interpretare il ruolo dei vari personaggi: essi provavano a ripetere ciò che questi avevano risposto ad Olga quando lei chiedeva se poteva fare la pipì: erano molto divertiti da questo e subito tutti alzavano la mano per provare a mettersi in gioco ad interpretare a loro volta i diversi ruoli.
Ma l’attività che più li ha coinvolti, e di cui si sono dimostrati orgogliosi, è stata la realizzazione della propria nuvola Olga personale: i bambini dovevano disegnare su un foglio bianco la nuvola, colorandola a seconda del gusto personale per renderla propria, e sul retro sarebbe stato poi incollato il cotone che rappresentava la sofficità e la morbidezza della nuvola.
Vi era chi l’aveva realizzata il più somigliante possibile alla Olga del racconto, chi l’aveva resa più personale decidendo di colorarla con il colore che più preferiva, c’era una nuvola piccola e timida e un’altra grossa e coraggiosa che rispecchiava il loro stato d’animo, e come avevano vissuto la storia a loro raccontata.
Con i bambini della sezione Primavera è stata narrata la storia presentata come una sorpresa, per suscitare ancora di più il loro interesse e perché potessero vivere il libro come un dono per imparare e riflettere su alcuni aspetti della vita quotidiana e sulle relazioni che vivevano già all’interno del nido come un mondo in piccolo, in cui bisogna considerare oltre alle proprie esigenze anche quelle di coloro che ci sono accanto.
I bambini si sono disposti in cerchio su un materassino, il cosiddetto angolo morbido, che rievoca un momento di intimità, sicurezza proprie di un’attività raccolta in cui porre attenzione a ciò che viene proposto: è stata perciò narrata la storia come sempre, mostrando le immagini dei personaggi che meglio permettono la comprensione di ciò che viene raccontato, aiutando a concentrare l’attenzione su ciò che i personaggi compievano e che erano azioni che potevano riscontrare e osservare anche nella vita quotidiana (la donna che stende i panni, il gatto che dorme, la gallina che passeggia con i pulcini)…
Si è trattato di svolgere una lettura dialogata tramite domande chiedendo magari “Avete visto che la nuvola nella storia incontra il sole?E voi l’avete visto?Dove si trova?”, giusto per unire racconto e realtà facendo un paragone.
Un’altra lettura che è stata scelta assieme alle educatrici, visto che era prevista una visita alla fattoria didattica per i bambini della sezione Primavera e per quelli della Scuola Materna, era il libro della fattoria in cui erano illustrati tutti gli animali che i bambini avrebbero potuto vedere nella realtà, e la loro casetta, spiegando che ad esempio “dalla mucca si ricava il latte per fare il formaggio”che i bambini a pranzo spesso mangiavano, “dalla pecora la lana per fare i maglioni perché quando fa freddo la mamma veste i bambini con vestiti più pesanti per rimanere al caldo”.
In seguito era stato chiesto loro qual era l’animale che preferivano e che avrebbero colorato con i colori a cera per inserire il disegno nella cartellina dei lavoretti compiuti nel corso dell’anno, e che sarebbe stato per loro un ricordo della giornata passata assieme ai compagni a vedere gli animali che già avevano potuto osservare nel libretto e che ricollegavano poi a quelli visti dal vivo.
Per concludere il progetto ho scelto un libro simpatico, ben illustrato e gradevole per il colore delle immagini, Ma che cos’è questo? ,che trattava la storia di alcuni animali che vedono per la prima volta il vasino e si chiedono che cosa possa essere, fantasticando mille soluzioni possibili, quando infine giunge il bambino esclamando che in realtà era il suo vasino mostrando agli animali a cosa serviva.
È stata una lettura che ha fatto molto divertire e sorridere i bambini, che fino a qualche mese prima usavano anche loro il vasino, per cui avevano esperienza di cosa fosse e a cosa servisse, e sentire gli animali che si interrogavano su quale fosse l’utilizzo dello strano oggetto li faceva sorridere, perché in realtà essi erano consapevoli dell’uso e si immaginavano gli animali che magari lo descrivevano come un cappello, una barchetta o una ciotola …
Queste sono le storie che ho deciso di affrontare e che mi hanno permesso di vedere come i bambini si approcciano ai libri, quali sono i racconti che li divertono di più, chiedendomi di rileggerne alcuni in particolare che li hanno colpiti per la loro storia, o perché si immedesimano nei personaggi dei racconti o perché possono avere un riscontro concreto nella realtà.
Altre volte mi è capitato, senza avere i libri davanti agli occhi, di raccontare soltanto alcune storie (Pinocchio, Cenerentola, Cappuccetto Rosso) e loro rimanevano stupiti e ponevano grande attenzione a ciò che dicevo, come se mentalmente si immaginassero ciò che stavo loro descrivendo.
La lettura, perciò, dovrebbe essere una costante nella vita del bambino accompagnandolo quotidianamente nel suo percorso di crescita, una compagna di vita che non dovrebbe mai abbandonarlo, e della quale il bambino dovrebbe percepire la necessità, non come un qualcosa di imposto che gli adulti vogliono che faccia sua.
Gli educatori, perciò, hanno il compito importante di saper proporre quelli che sono i libri più significativi che trasmettono un messaggio che il bambino può recepire, avendo anche la capacità, tramite la lettura dialogata, di farlo immergere ancora di più nel racconto emozionandolo e divertendolo.
Perché la lettura deve essere vissuta come qualcosa di piacevole, un piacere appunto, perché possa far emergere la motivazione intrinseca che spinge il bambino ad accostarsi ad essa.
Le attività didattiche conseguenti possono essere utili senza che il bambino le viva però come qualcosa di obbligatorio che è costretto a fare, ma come una componente che gli permette di entrare in pieno contatto con i personaggi e la trama.

lunedì 21 febbraio 2011

Nel paese dei mostri selvaggi

Si tratta di un libro scritto da Maurice Sendak nel 1963 che narra le avventure immaginarie di un bambino di nome Max, travestito con un costume da lupo, che dopo un litigio con la mamma che lo definisce “Mostro Selvaggio” lo manda in castigo nella propria camera senza cena.
Nella stanza incomincia a crescere una rigogliosa foresta che ricopre le pareti: Max inizia ad esplorare il luogo e trova una piccola barca sulla quale incide il proprio nome, e con la quale parte per un viaggio che sembra durare mesi, forse anni, che lo conduce nel paese dei mostri selvaggi.
Il bambino inizialmente intimorito riesce però a superare la paura iniziale fissandoli negli occhi.
Con il passare del tempo nasce una profonda amicizia tanto che i mostri decidono di proclamarlo il loro re, celebrando una “ridda selvaggia”, un ballo di gruppo. Max però, essendo stato lontano da casa per molto tempo, inizia a sentirne la mancanza decidendo, contro il volere dei mostri, di farvi ritorno e, arrivato nella propria cameretta, ritrova la cena che la mamma gli aveva portato ancora calda.
L’autore utilizza una modalità narrativa che rende la storia ricca di significato in quanto utilizza le immagini e gli spazi in modo dinamico, che si modificano a seconda dello stato d’animo del protagonista.
Le illustrazioni si ampliano sempre più nelle pagine del libro, ed in questo modo il protagonista lascia la realtà, caratterizzata dalla “violenza”della rabbia verso la mamma che lo ha punito, per entrare nel mondo della fantasia.
Il punto massimo della rappresentazione si ha quando si presentano in successione tre pagine illustrate senza spazi bianchi che in seguito, dopo un improvviso cambiamento interiore del protagonista, quando sentirà la mancanza della propria casa, lo indurrà a ritornare sui suoi passi, e lentamente gli spazi bianchi si rimpossesseranno della pagina.
Quando Sendak consegnò l’albo alla casa editrice questa era preoccupata dalla rappresentazione grafica dei mostri, perché temeva che potesse spaventare i bambini, oltre al fatto che il formato scelto era poco utilizzato e dispendioso.
All’inizio infatti le vendite non raggiunsero le aspettative a causa delle sembianze dei mostri che bloccavano i genitori dall’acquistare il libro, e dalle recensioni negative della critica, che si divideva tra coloro che ritenevano la storia non adatta ai bambini, e quelli che invece consideravano Sendak un pioniere nell’ambito della letteratura per l’infanzia. Ma a dispetto di quanto si era detto, il libro piaceva molto ai bambini diventando uno dei libri per l’infanzia più richiesto.
Alcuni genitori criticarono il fatto che nella storia Max gridava contro la sua mamma e, addirittura, scappava di casa, mentre, invece, secondo altri, era da apprezzare l’insegnamento positivo quando Max trasformava la sua rabbia in modo produttivo, sfogandola nella fantasia del viaggio immaginario che lo porterà a concludere a non permettere più che la rabbia lo allontani dalle persone care.
Il fatto che la storia non presenti una morale diventa oggetto di aspre critiche da parte di Bettelheim, che come già ampliamente spiegato nel primo capitolo relativo alla fiaba, sostiene come essa debba aiutare il bambino a sconfiggere il mostro interiore che lo opprime offrendo delle soluzioni positive; egli del libro di Sendak critica l’immagine del bambino che litiga con la mamma e che come soluzione ai suoi problemi fugge da casa anche se solo con la fantasia.
Bettelheim giunse persino a dichiarare a Sendak:“Odierò per sempre il tuo libro”.
Le illustrazioni dei mostri sono sia spaventose che spiritose allo stesso tempo, lasciando riflettere il protagonista sulle proprie emozioni, tanto che Max diventa un personaggio in cui i bambini si possono identificare; la “ridda selvaggia” ed i mostri perciò permettono di dare sfogo all’aggressività e alla frustrazione, che fanno parte della crescita.
Le parole di Sendak a questo proposito sono molto significative:”Sin dalla più tenera infanzia i bambini convivono con emozioni dirompenti; paura ed ansia fanno intrinsecamente parte della loro vita quotidiana, devono confrontarsi meglio che possono con continue frustrazioni.
Attraverso la fantasia i bambini giungono alla catarsi … è il migliore strumento per dominare i Mostri Selvaggi”.

Piccolo blu piccolo giallo

È un albo illustrato che ha riscosso molto successo diventando un classico per i più piccoli che ha permesso a Lionni di vincere il premio Andersen 2001.
Narra la storia di un’amicizia tra piccolo giallo e piccolo blu, della loro vita quotidiana a casa e a scuola, dei giochi tra amici.
Un giorno però accade che quando si abbracciano diventano entrambi verdi, e tornati a casa le loro famiglie non li riconoscono, tanto che per la disperazione piangono così tanto che ognuno ritorna del proprio colore.
Le mamme e i papà li abbracciano, felici di aver ritrovato i propri bambini, e nell’abbraccio diventano tutti verdi: il significato profondo di questa storia sta nel fatto che siamo tutti diversi, ma allo stesso tempo anche tutti uguali.
Questo albo è stato realizzato per la prima volta nel 1959 da Leo Lionni, ripubblicato poi nel 1999 da Babalibri, creato utilizzando solo delle semplici macchie di colore che hanno fatto del libro un’opera commerciale e poetica allo stesso tempo.
Ciò che caratterizza l’autore - che, oltre ad essere un abile designer e grafico, è un illustratore molto apprezzato - è la capacità di comprendere la mente dei bambini e di creare un mondo di valori che trasformano le sue storie in favole contemporanee che trattano temi come l’identità, la solidarietà, la ricerca di sé e il confronto con gli altri.

domenica 20 febbraio 2011

L'utilizzo nel nido degli albi illustrati

L’albo illustrato, può essere definito come un prodotto editoriale destinato ai bambini del nido, ma che ha riscosso molto successo anche fra i ragazzi più grandi, definito da Barbara Bader come “una forma d’arte” , perché può racchiudere in sé dei veri e propri capolavori d’illustrazione.
Secondo quanto afferma la studiosa Campagnaro, è caratterizzato da due codici comunicativi, iconico e verbale, in quanto il testo e le illustrazioni sono legati fra loro e, anche se il bambino ancora piccolo non è in grado di leggere, si affida in gran parte a ciò che l’immagine gli comunica, per comprendere lo svolgimento della storia e cogliere il significato trasmesso dal libro.
Nell’albo sono presenti i cosiddetti textual gaps, cioè spazi bianchi che il lettore deve riempire, e che gli permettono di dare un’interpretazione personale di ciò che il libro rappresenta e suscita in lui. Il testo e l’immagine sono legati fra loro da tre diversi tipi di relazione, complementare e simmetrica, quando ciò che il testo narra e quanto l’immagine comunica sono fra loro coincidenti, dinamica quando il testo e l’immagine forniscono delle informazioni in contrasto fra loro.
Quando si valuta l’eventuale utilizzo di un albo illustrato, bisogna considerare i seguenti elementi: il codice verbale che riguarda l’utilizzo di parole e frasi per narrare le avventure dei personaggi, il codice iconico cioè l’uso di immagini per descrivere una situazione, il codice grafico che riguarda gli elementi che costituiscono una pagina, il codice tipografico che è relativo ai materiali utilizzati per realizzare l’albo, il codice relazionale che concerne le tecniche utilizzate per coinvolgere il lettore nella storia.
Esistono in commercio differenti tipologie di picturebooks, che si distinguono in: tradizionalisti in cui il testo è preminente rispetto all’immagine e l’interpretazione della storia è univoca, moderni in cui le immagini vogliono comunicare qualcosa e l’albo può essere interpretato in diversi modi, post-moderni in cui il lettore può interpretare la storia secondo differenti modalità, e in cui il finale è aperto, lasciando il lettore libero di esprimere la propria creatività.
L’opinione della studiosa Angela Dal Gobbo, è che gli albi illustrati presenti nel nido devono saper rispondere alle esigenze delle diverse età dei bambini che accolgono.
Per i lattanti, (6-12 mesi) è bene scegliere di adottare “libri sensoriali”, grandi, con immagini semplici, realizzati con materiali che stimolano i sensi del bambino come stoffa, plastica, gomma …
Deve trattarsi di materiali atossici che il piccolo può manipolare, portare alla bocca, conoscere attraverso l’uso dei cinque sensi, in quella che può essere definita come una vera e propria “lettura sensuale” , che porta il bambino a sperimentarli in piena sicurezza.
Per i semidivezzi, (12-24 mesi) la programmazione relativa all’attività di lettura deve basarsi sulla scelta di libri che abbiano poco testo, illustrazioni chiare e nitide, colori sgargianti, che narrano storie relative alla vita quotidiana, e quindi si rifacciano alle esperienze ed oggetti con cui il bambino può venire a contatto tutti i giorni, e che siano in grado di stimolare la sua attenzione e curiosità.
Si tratta perciò di storie che narrano azioni che fanno parte del suo vissuto: il momento del pranzo, il momento di andare a dormire, il vasino, i giochi con gli amici…
Il bambino, dai 24 mesi in poi, ha sviluppato la capacità di cogliere la relazione causa-effetto collegando le sequenze di azioni, che rappresentano una prima forma di struttura narrativa; in seguito sarà in grado di cogliere l’intreccio, cioè una sequenza di azioni.
È stato dimostrato, che i bambini che fin da piccoli hanno proprietà di linguaggio, riusciranno prima di altri nella comprensione di storie ed intrecci, perché stimolati dal dialogo con gli adulti e dalla lettura ad alta voce.
Per i divezzi, (24-36 mesi) i libri devono narrare storie che riguardano l’ambiente e la famiglia in cui il bambino può identificarsi, che rappresentino anche alcuni valori importanti come l’amicizia e l’affettività, e che permettano di ampliare la sua conoscenza fino ad allora sperimentata nell’ambiente familiare.
I bambini verso i 30 mesi poi, sono in grado di produrre narrazioni autobiografiche che narrano della loro esperienza personale, diventando questo, un ulteriore fattore per la comprensione dei libri.
Secondo quanto afferma la studiosa, sono in grado di seguire lo scorrere dei loro pensieri, e, per non ripetere episodi che sono loro accaduti, utilizzano figure simboliche che permettono di poter narrare ciò che è avvenuto, senza rivelare di esserne i protagonisti.
Nelle storie per bambini si trovano frequentemente figure di animali umanizzati che rappresentano proprio la loro esigenza di volersi in qualche modo “tutelare”, per poter esprimere meglio ciò che provano, senza esporsi direttamente.
I libri per bambini, anche se presentano una configurazione di base più semplice rispetto a quella per gli adulti, sono costituiti da un inizio, una parte centrale ed una conclusione, oltre a presentare un punto di tensione emotiva.
L’autore che scrive libri per bambini, non descrive quelle che potrebbero essere le loro riflessioni riguardo ad alcune situazioni, ma cerca di mettersi nei loro panni, ricordando emozioni e sensazioni che aveva provato quand’era piccolo, e “attraverso i loro occhi” narra la storia: una vera e propria “visione dall’interno”.
Spesso si avvale dell’uso della rima e della musicalità delle frasi perché favoriscono la memorizzazione nel bambino, permettendogli di acquisire nuove parole e di arricchire il vocabolario personale.
Secondo quanto sostiene Angela Dal Gobbo, la consapevolezza che il bambino ha di se stesso, e quindi la percezione della propria identità in quanto persona, incontra quella del compagno al nido, scoprendo perciò il desiderio di relazione.
Questo primo contatto con l’altro, e quindi con il mondo esterno, si verifica già a partire dai tre mesi quando incrocia lo sguardo della madre, incentrando sugli occhi, “specchio dell’anima”, la relazione, come accade a Max, protagonista dell’albo Nel paese dei mostri selvaggi.
In Piccolo blu piccolo giallo, i personaggi sperimentano la sofferenza nel non essere riconosciuti dai propri genitori per quello che in realtà sono, dopo che nell’abbraccio piccolo giallo e piccolo blu hanno mescolato il loro colore originario, diventando entrambi verdi.
Perché il bambino possa approcciarsi in modo corretto al libro, è importante che prima lo “faccia suo” perché, tramite l’esplorazione sensoriale, possa capire che non ha nulla da temere e che, anzi, potrà diventare per lui un utile strumento per conoscere la realtà e per relazionarsi meglio con ciò che lo circonda.
L’educazione alla lettura costituisce una parte molto importante della vita di un bambino al nido, e per questo, è indispensabile che sia realizzata adottando albi illustrati che suscitano sensazioni ed emozioni che coinvolgono direttamente il lettore.
Di seguito vorrei riportare due albi che a mio parere sono molto significativi e il cui valore verrà sempre riconosciuto per la semplicità con cui temi profondi e delicati sono stati trattati, venendo per questo molto apprezzati dai bambini perché lasciano un insegnamento che non è esplicito, ma che è facilmente intuibile.

sabato 19 febbraio 2011

Il lettore critico

Silvia Blezza Picherle afferma che il bambino, per diventare un autentico lettore, è bene che sappia capire ciò che il testo trasmette, oltre ad essere in grado di interpretarlo, intuendone i sensi racchiusi che ognuno scova in modo personale, perché dipende dal suo modo di essere, e dalle conoscenze ed esperienze precedenti.
Questa competenza si sviluppa nel tempo con il sostegno di educatori, bibliotecari, animatori, sulla base di una progettazione adeguata che consideri precisi obiettivi da raggiungere.
La lettura deve poter coinvolgere il lettore, in modo che ne emerga il lato interiore, la sua sfera emotivo-affettiva, le sue esperienze e conoscenze precedenti, il suo pensiero e la capacità logico-critica. L’educatore non deve svolgere un ruolo attivo, ma incoraggiante, rendendo i bambini interpreti dei loro libri aiutandoli a diventare critici, e, opportunamente stimolati, portati a riflettere sui personaggi e sulle situazioni in cui questi si trovano.
Perché questo risultato divenga reale gli educatori dovrebbero trasformarsi in mediatori per facilitare l’incontro tra lettore e libro, indirizzando i pensieri dei bambini e le loro emozioni verso la comprensione profonda del testo.
Il mediatore deve assumere un atteggiamento positivo, di fiducia nelle capacità dei bambini, che gli permette di premiare l’originalità delle riflessioni, di stimolare le interpretazioni, dando la dovuta autonomia al bambino, che si sente protetto seguendo la via indicata dall’educatore.
Questo comportamento da parte del mediatore permette di creare una comunità di lettura, in cui ogni bambino tiene in considerazione le opinioni degli altri, in un clima di rispetto e di aiuto reciproco. All’interno di questo contesto l’adulto incoraggia il pensiero critico, che aiuta a trovare possibili soluzioni alle situazioni complicate o ai problemi che una storia potrebbe presentare.
È importante incoraggiare facendo nascere nel bambino la curiosità stimolando la sua creatività e fantasia che spesso sono schiacciate quando l’adulto predispone già delle attività, alle quali il bambino deve solo adattarsi.
L’incentivo può esserci se l’educatore è in grado di gestire il dialogo mettendosi alla pari con i bambini in un rapporto di reciprocità, continuando a svolgere il suo ruolo di mediatore nel convogliare le riflessioni verso la costruzione di significati.
Un punto di partenza per questo tipo di approccio può essere quello di collegare il racconto con l’esperienza personale del bambino, lasciandolo libero di esprimere le sensazioni provate, in un dialogo che si fa sempre più intimo e costruttivo.

venerdì 18 febbraio 2011

Il piacere della lettura

Il piacere della lettura può essere definito come una sensazione, un’emozione che parte dall’intimo e coinvolge profondamente tutta la persona e la porta a distaccarsi dalla realtà per calarsi nel mondo della fantasia.
È una vera e propria lettura sensuale in cui tutti i sensi sono coinvolti , e il piacere che procura può assumere varie forme e diversi livelli, infatti nella mente di una persona esistono due forme di piacere, del riconoscimento e della scoperta.
Secondo quanto afferma la studiosa Blezza Picherle, nella prima tipologia il bambino prova piacere quando viene a contatto con storie che rispondono al suo bisogno di stabilità, a mantenere intatte delle strutture narrative che si sono rafforzate nella sua mente.
Sono tipologie di storie in cui i personaggi e le situazioni risultano familiari al bambino, ed in queste egli può ritrovare un senso di sicurezza, perché affronta situazioni già conosciute, semplici dalle quali riceve conferma.
La seconda tipologia invece riguarda il bisogno di elasticità del bambino, che comporta la volontà di provare nuove esperienze ed ampliare le conoscenze che già possiede: è pervaso da curiosità, emozioni perché identificandosi con il protagonista della storia si immedesima nelle sue avventure, venendo a contatto con tratti ancora ignoti della sua anima.
In questo modo trasporta quelle che sono le sue sensazioni e fantasticherie in un’altra dimensione in cui possono essere soddisfatte.
Secondo Detti il piacere provato, però, lascia un segno importante solo se viene sperimentato a diversi livelli: nel primo livello l’attenzione del bambino viene attratta dalla storia e quindi egli prova un piacere sensuale perché si lascia trasportare dal racconto in un mondo fantastico.
Si tratta di una sensazione profonda, ma da un lato ancora superficiale, perché il lettore assapora solo quelle che sono le avventure e le situazioni in cui i personaggi sono immersi.
Il secondo livello può essere ottenuto tramite la rilettura, con la quale il rapporto con il libro diventa più profondo, cercando di riprovare quelle che sono state le prime sensazioni, ma anche la scoperta di quegli aspetti che, ad una prima lettura, erano sfuggiti, consentendo di osservare i personaggi con occhi diversi.
Il terzo è il livello della riflessione ed analisi in cui il bambino può trasmettere agli altri le emozioni che la lettura gli ha suscitato, o in cui l’educatore, assieme ad un piccolo gruppo di bambini ricerca i significati nascosti nel racconto.
È importante analizzare quelli che sono dei malintesi riguardo al piacere di leggere, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra piacere emotivo-sensuale e piacere cognitivo.
Secondo alcuni studiosi la motivazione che spinge un bambino ad avvicinarsi alla lettura deve basarsi sulla comprensione intensa che deriva dall’attuare delle operazioni logico-critiche sul testo in analisi, che permettono di cogliere i contenuti più difficili.
Secondo il parere di altri, tra cui Ermanno Detti, Roberto Denti, Gianni Rodari, invece, la motivazione nel bambino si crea se prova delle emozioni forti e si accosta al libro solo per il piacere di ascoltare una storia significativa.
A questa seconda tesi contribuisce anche Pennac che, grazie alla sua esperienza di professore, rivolgendosi ai docenti, raccomanda che leggano le opere ad alta voce ai loro studenti, perché in questo modo essi possano capire prima cosa significa provare piacere per la lettura, e solo in seguito dedicarsi ad una comprensione più profonda.
Ricerche recenti sostengono l’ipotesi secondo cui il vero piacere della lettura può emergere dall’unione tra razionalità ed emotività, risolvendo in questo modo la contrapposizione che si era creata tra i sostenitori delle due contrapposte tesi, trovando una soluzione che lega i due aspetti della personalità dell’individuo.
Un altro malinteso che deve essere riconsiderato si basa sul fatto che il piacere della lettura può essere sperimentato solo se il bambino si lascia trasportare dal testo senza compiere nessuno sforzo: questo, però, è sbagliato, perché il vero piacere può essere provato quando comporta un impegno maggiore e si è disposti ad accettarlo perché il piacere che se ne ricava dà soddisfazione.
I libri che vengono percepiti come più facili danno anche un piacere effimero e superficiale, mentre quelli più complessi permettono di evadere in una dimensione più significativa, che arricchisce interiormente.
La motivazione è ciò che unisce il lettore ed il libro, è una “forza intrinseca”, perché permette di diventare lettore per tutta la vita; agisce a livello conscio ed inconscio ed è dinamica, in continua evoluzione.
Necessita, quindi, di essere continuamente sostenuta, seguendo una direzione ben definita: è importante che il lettore riesca ad arricchirla nel tempo in modo stabile.
In questo sta l’importanza da parte dell’educatore nel saper scegliere i libri più adatti che si avvicinano di più alla situazione del bambino, ma anche allo stesso tempo lasciare che sia il bambino a scegliere quei libri che si accostano alla sua interiorità e lo aiutano nel cammino personale di ricerca dell’identità.

Una nuova tipologia di lettore

La società moderna si trova immersa in quella che può essere definita “terza fase culturale”, in quanto le precedenti erano caratterizzate rispettivamente dalla scrittura e dalla stampa, mentre in quella presente si affermano nuove forme di sapere e modalità per elaborare le conoscenze.
Al giorno d’oggi una persona può conoscere attraverso i media, che hanno condotto ad una visione che si basa sul vedere e sull’ascoltare, perché le nuove tecnologie interagiscono con i sensi modificando i processi percettivi e cognitivi, richiedendo delle competenze specifiche.
Secondo la pedagogista Silvia Blezza Picherle nel suo libro "Diventare lettori oggi", la lettura di un testo multimediale necessita di un’intelligenza multisensoriale perché tutti e cinque i sensi sono impegnati nella decodificazione del messaggio trasmesso, e quindi anche il bambino, che fin da piccolo si ritrova immerso in questo tipo di realtà, dovrà adattarsi ed acquisire competenze basate sui media.
La narrativa moderna (audio visuale) è “velocizzata”perché è caratterizzata da un ritmo rapido in cui le immagini scorrono velocemente ed in cui ci sono cambi di scena repentini.
La qualità dell’immagine è molto valorizzata, a scapito però dei linguaggi che sono molto ridotti e semplificati.
Presenta una forte carica emozionale , cioè coinvolge in modo molto diretto l’aspetto emotivo-affettivo del lettore, che si ritrova immerso nel fluire della storia e si immedesima nei personaggi: la società di oggi può essere infatti definita iperemotiva , perché la produzione televisiva, i cartoni animati ed i videogiochi coinvolgono senza sforzo invadendo i sensi. I bambini come anche gli adulti si sono trasformati in sensation seekers, cioè sono sempre alla ricerca di sensazioni forti che però danno un piacere effimero, invece di ricercare quelle che sono le sensazioni ed emozioni più profonde.
I bambini, quindi, affrontano un testo scritto allo stesso modo in cui trattano testi multimediali, perché non hanno ricevuto un modo corretto con cui approcciarsi ai libri, e quindi hanno molta difficoltà a seguire le sequenze logiche che un testo impone.
Quando si legge un libro non si possono fare dei “salti” in avanti: infatti, la storia, per essere compresa, deve essere affrontata in modo lineare. Questo però può comportare che i bambini si annoino e decidano di abbandonare quella determinata lettura, o in altri casi, che scorrano velocemente il libro senza cogliere il significato della storia, soffermandosi solo sui punti più emozionanti.
La scrittrice sostiene che in questo modo non riescono a beneficiare della narrazione e neppure sono in grado di cogliere le informazioni che emergono dal testo: spesso finchè i bambini leggono usufruiscono di diversi media contemporaneamente, che rendono la comprensione ancora più difficile.
La “voce” del libro si perde in mezzo a tante altre, non riuscendo ad emergere con la sua significatività: per questo i bambini si lasciano incantare dai media e rimangono legati agli stereotipi che questi propongono, e ne deriva che il loro pensiero risulta impoverito, venendo a mancare la lettura nel suo significato più profondo, come componente fondamentale della loro crescita.
La velocità che sperimentano quotidianamente si riflette anche sul loro rapportarsi al libro perché “corrono” per giungere più rapidamente alla situazione clou: questo atteggiamento nei bambini si può notare fin da quando sono piccoli, perché incitano l’adulto che legge ad andare più rapidamente e vogliono sfogliare loro le pagine, per imprimere un ritmo più veloce alla narrazione, volendo poi passare ad un racconto successivo.
Secondo quanto afferma Silvia Blezza Picherle, le caratteristiche della nuova tipologia di lettore che si sta affermando sono la facilità a distrarsi, la continua ricerca dell’emozione forte, l’incapacità di concentrarsi e la fruizione rapida del libro.

giovedì 17 febbraio 2011

Come leggere ad alta voce

L’adulto che legge comunica con il bambino trasmettendogli il significato del libro ed una parte di sé : il bambino è perciò in grado di capire se l’educatore non è coinvolto dalla lettura, perché magari inconsapevolmente comunica con il proprio corpo se in quel momento non è predisposto al dialogo e se sta provando un reale interesse per il libro.
È bene che quando l’educatore legge, stabilisca un legame con l’ascoltatore, in particolare tramite il contatto fisico, che è ciò che unisce maggiormente due persone e le avvicina sempre più.
A ciò contribuisce anche il contatto visivo, lo scambio di sguardi, che fa percepire al bambino la consapevolezza di essere parte del legame.
La lettura ad alta voce dovrebbe continuare anche quando il bambino sarà in grado di leggere da solo, perché gli permetterà di mantenere quel vincolo che si era costituito tra lettore e ascoltatore, per consolidarlo maggiormente, potendo il bambino, in questo modo, contare su una persona che gli è vicina e che tramite la lettura gli trasmette delle sensazioni.
Secondo il parere di Rita Valentino Merletti, l’educatore non dovrebbe però immedesimarsi troppo nella parte che legge, non prestando la dovuta considerazione al bambino, che si potrebbe sentire ignorato, in quanto svolge un duplice ruolo, quello di lettore e di ascoltatore, attento alle emozioni, che con la sua voce trasmette al bambino.
Non è nemmeno sempre necessario che la sua voce si adegui al ruolo del personaggio della storia che deve interpretare, in quanto la lettura deve essere proporzionata alla personalità del lettore, che deve lasciarsi guidare da quello che è il suo modo di comunicare.
È necessario che utilizzi un linguaggio chiaro e lento, per catturare l’attenzione dell’ascoltatore, che viene in questo modo trascinato dalla lettura ad immedesimarsi nei personaggi, ma avendo anche il tempo utile per formarsi proprie immagini mentali, per capire meglio ciò che la storia vuole trasmettere.
Sarebbe vantaggioso da parte dell’educatore raccontare più che leggere, perché in questo modo può rendersi conto direttamente delle sensazioni che la sua voce suscita nell’ascoltatore, per capire se ciò che legge colpisce l’ attenzione o se, invece, la lettura è troppo impegnativa e crea noia, e quindi non viene vissuta come un’esperienza educativa.
Può accadere che l’ascoltatore si possa distrarre, ma sarebbe proficuo evitare di rimproverarlo, perché già in precedenza, si è affermata la teoria della gratuità della lettura, che non deve essere vissuta come una costrizione, e il bambino quindi può decidere di non partecipare a questi momenti, presentandosi magari più ricettivo, la volta successiva.
Il lettore dovrebbe aver già letto, in precedenza, il libro prima di proporlo al bambino, perché in questo modo, essendo a conoscenza della storia e degli argomenti che tratta, è in grado di capire se il libro è adeguato al livello di sviluppo raggiunto dal bambino.
Saprebbe fare le pause di respiro nei momenti adeguati, atti a creare suspance, per coinvolgere meglio l’ascoltatore, e quando effettuare i cambi di voce per differenziare i personaggi della storia tra loro.
Se un particolare della storia non è stato compreso, perché si è distratto, è bene ripeterlo, perché il bambino potrebbe aver perso il filo del discorso, e non essere più in grado di coglierne il significato.
Nel caso in cui il libro scelto dall’educatore necessiti di troppi “tagli”, perché potrebbe risultare di difficile comprensione al bambino, significa che non è adeguato al suo livello di sviluppo, e quindi, sarebbe preferibile presentarlo più avanti.
Gli scrittori di libri per bambini di solito utilizzano un linguaggio preciso e chiaro, ma, a volte, possono essere presenti nei libri parole che il bambino non è in grado di comprendere: in questo caso non deve essere fatta un’ulteriore semplificazione in quanto è necessario che alcune di queste siano presenti, perché il ruolo della lettura ad alta voce è anche quello di aiutare il bambino ad arricchire il proprio lessico con l’aiuto del lettore.
Secondo lo scrittore Umberto Eco un autore scrive solo metà di un libro, perché la restante parte spetta al bambino, che deve mettere in relazione ciò che è narrato nel libro, con la propria esperienza personale, arricchendo l’opera di un valore aggiunto, riempiendo gli “spazi vuoti”, che permettono quindi alla storia di essere interpretata in modi differenti a seconda del lettore.
Tre sono le competenze che permettono al bambino di fare proprio il libro: linguistica, comunicativa e letteraria, perché utilizzando queste capacità, il bambino può trarre dalla lettura un’esperienza piacevole e gratificante.
Spesso viene sottovalutata l’importanza della rilettura, che invece costituisce per il bambino una parte fondamentale, in quanto incrementa il suo senso di sicurezza, perché si trova a dover affrontare un libro, che gli è già stato presentato e di cui conosce lo svolgimento ed il finale.
Lo priva dell’ansia che scaturisce quando si trova a dover affrontare una situazione a lui sconosciuta, e che genera grande sconforto, perché non è in grado di controllarla: con la rilettura invece, può anticipare il lettore riguardo alle azioni che il protagonista ha intenzione di compiere, eliminando perciò la sensazione di paura e scoraggiamento che l’ignoto gli procura.
In questo modo l’ascoltatore è in grado di comprendere meglio la storia in profondità, può cogliere quegli aspetti che nella prima lettura da parte dell’educatore, gli erano sfuggiti, “impossessandosi” pienamente del libro.
Il lettore da parte sua, deve ascoltare ciò che la rilettura ha promosso, per quanto riguarda sensazioni ed emozioni suscitate, ponendo attenzione a ciò che il bambino vuole comunicargli, evitando di trasformare questo dialogo, in un interrogatorio.
La lettura “non chiede nulla in cambio”, si tratta di un’esperienza gratificante che comporta un arricchimento interiore sia per il lettore che per l’ascoltatore.
Se la storia viene presentata in momenti successivi, sarebbe positivo, che il lettore facesse un piccolo riassunto della storia, per riportare l’ascoltatore al momento precedente in cui erano rimasti; può essere utile anche chiedere al bambino di raccontare quello che si ricorda dell’esperienza passata, per verificare se ha mantenuto in memoria alcuni avvenimenti.
Rita Valentino Merletti asserisce che il lettore potrebbe anche proporre al bambino alcuni confronti fra le letture svolte in un certo periodo di tempo, per mostrargli le differenze ed uguaglianze che intercorrono fra le diverse storie, per fargli capire anche come il protagonista ha saputo risolvere i problemi adottando soluzioni differenti.
Il confronto, potrebbe anche riguardare quelle che sono le caratteristiche fisiche del libro, come ad esempio, la diversità di materiali con cui può essere realizzato (stoffa, gomma, cartone), l’analisi delle illustrazioni che si diversificano per i colori sgargianti, la grandezza di certi particolari, il titolo che può raccontare le avventure dello stesso protagonista in libri diversi …
Spesso i libri per bambini sono sottovalutati, considerati come sottoprodotti letterari, in quanto in Italia, è stata molto presa in considerazione, la critica aspra di Benedetto Croce, che ha sostenuto il fatto che i bambini non sono in grado di apprezzare gli elementi artistici di un’opera letteraria.
L’adulto quando propone un libro al bambino, sarà più partecipe, quando si tratta di un libro risultato interessante anche per lui, perché solo in questo modo potrà trasmettere la stessa passione che anche lui ha provato in prima persona e, quindi, sarà in grado di appassionarlo alla lettura per la vita.
Oltre ad un interesse personale verso il libro da presentare, deve però tenere in considerazione quelli che sono gli interesse del bambino, il suo sviluppo cognitivo, le esperienze di lettura precedenti, per offrire un momento costruttivo, in grado di incidere profondamente nel futuro, per quanto riguarda la sua formazione di lettore.

mercoledì 16 febbraio 2011

L'ambiente favorevole alla lettura

È importante che si crei uno spazio specifico destinato alla lettura, che il bambino deve vivere come se entrasse in un altro luogo, separato da quello della realtà quotidiana, ed in cui questa distinzione deve essere segnata, ad esempio, attraverso degli elementi che indichino che quello è proprio il luogo per la lettura e non altro.
L’ambiente perciò deve essere raccolto, intimo, offrire sicurezza e tranquillità al bambino, che non deve percepirlo ostile, ma come luogo in cui sentirsi a proprio agio, libero di esprimere le emozioni che la lettura gli suscita.
In questo luogo possono essere presenti cuscini, tappetini, atti a creare un angolo morbido, in cui la comodità e la riservatezza della posizione in cui sono collocati, contribuiscono ad isolare l’ambiente rispetto al resto circostante ed in cui le fonti sonore sono eliminate, per favorire la concentrazione e il rilassamento senza che si verifichino distrazioni. Secondo quanto sostiene Rita Valentino Merletti, l’adulto dovrà contribuire ad accrescere il senso di sicurezza del bambino trasmettendogli dei segnali favorevoli, che gli indichino che è lì per lui, per condividere un momento di riflessione, in cui la relazione che si è creata è qualcosa di molto profondo che li coinvolge entrambi.
Deve mostrare interesse nello sfogliare le pagine del libro e nel descrivere le immagini richiedendo la partecipazione del bambino e commentandole insieme, in un clima di reciprocità che favorisca il dialogo. La lettura deve avvenire in un preciso momento della giornata al nido, solitamente alla mattina, nell’ora dedicata alla programmazione annuale, e non dovrebbe durare più di mezz’ora, in quanto la capacità di attenzione di bambini così piccoli è ancora limitata, ad evitare di annoiarli rendendo questa esperienza frustrante, per non togliere loro la voglia e la curiosità di sperimentarla ancora.
La lettura ad alta voce è una componente molto importante, e non dovrebbe mancare fra quelle che sono le esperienze fondamentali che favoriscono la crescita del bambino, ma è rilevante anche lasciare che i bambini possano avere la possibilità di scegliere da soli i libri da sfogliare individualmente.
Per questo, dovrebbero essere sistemati su scaffaletti a misura di bambino, che possano, quindi, essere accessibili in qualsiasi momento, ed essere sempre a loro disposizione; la lettura, quindi, deve essere legittima, non una perdita di tempo, ma componente di crescita in grado di favorire l’identità del bambino che si sta formando.
Anche i genitori dovrebbero essere consapevoli dell’importanza della lettura dialogata che viene svolta al nido, per poterla poi proporre anche a casa in modo che si verifichi una continuità, e che non venga vista solo come attività esclusiva del nido, ma diventare un’abitudine consolidata che può avvenire in qualsiasi momento della giornata.
Secondo quanto dichiara la studiosa, la lettura essendo un piacere “gratuito” non deve essere un’attività obbligatoria, poiché il bambino in alcune occasioni può non avere il desiderio di leggere, perché magari è stanco o non è favorevolmente predisposto a compiere questa attività. L’educatore deve essere consapevole di questo per non forzare la volontà del bambino, evitando di generare una vera e propria repulsione alla lettura e privarlo perciò di un’esperienza unica e significativa.

martedì 15 febbraio 2011

L'importanza della lettura ad alta voce

Secondo Rita Valentino Merletti nel suo libro "Leggere ad alta voce",la lettura ad alta voce svolge un ruolo molto importante per la crescita del bambino, per quanto riguarda lo sviluppo della capacità di ascolto e dei tempi di attenzione, che si prolungano progressivamente.
Il bambino che vive nella società moderna - in cui un ruolo preminente è svolto dai media, in particolare dalla televisione, che propinano continuamente immagini - non riesce a crearsene di proprie, quando l’educatore sfoglia e legge il libro con lui: è assuefatto da un continuo “martellamento mediatico”che lo porta ad assumere un ruolo passivo, in cui le sue capacità immaginative sono sopite.
Diversamente, la lettura ad alta voce gli permette di attivare dei processi mentali e di ordinare le idee che imperversano nella sua mente e gli generano un grande caos.
Se il bambino viene abituato fin da piccolo a formarsi le proprie immagini mentali, mentre è interessato alla lettura condivisa con l’adulto, viene coinvolto maggiormente nella storia, ed è in grado di identificarsi con i protagonisti, dei quali rivive le avventure nella propria mente.
Il coinvolgimento del bambino dipende, però, dal metodo che l’educatore utilizza, dalla sua capacità di interessarlo e di renderlo partecipe, tenendo conto dei diversi approcci con cui i bambini si relazionano al libro.
Ci sono coloro che leggono con gli occhi e quindi sono attratti dalle illustrazioni che favoriscono lo sviluppo della creatività, altri che “leggono” con le orecchie preferendo libri in cui le componenti sonore sono più evidenti, e, infine, coloro che leggono con il corpo e che necessitano quindi, di esplorare i libri con la loro “fisicità”, attraverso l’uso dei cinque sensi.
Secondo quanto afferma la studiosa, la lettura ad alta voce favorisce lo sviluppo della capacità immaginativa, perché il bambino ascoltando la voce dell’adulto si crea le proprie immagini mentali, e da questo deriverà poi, la volontà di leggere autonomamente, una volta che sarà entrato in possesso degli strumenti che glielo permetteranno.
È importante che gli vengano presentate storie diverse, sempre adeguate, però, al suo livello di sviluppo, che gli permetteranno di ampliare la conoscenza del mondo e di allargare i suoi interessi.
Perciò è necessario che possa venire a contatto con libri che presentano anche caratteristiche tattili diverse fra loro, realizzati con materiali vari, che presentino storie legate a momenti di vita quotidiana e, altre, che narrano le avventure di un personaggio in un mondo fantastico.
Proporre una modalità di lettura attenta, precisa, che si svolge in una situazione di tranquillità, in cui sia il lettore che l’ascoltatore sono emotivamente coinvolti, permette di distaccarsi da quella che è la frenesia della società contemporanea, presentando invece un modello di lettura adeguato ai tempi di attenzione del bambino, che consideri anche quelle che sono le sue necessità ed interessi.
L’opinione della studiosa è che, attraverso la lettura ad alta voce si possono cogliere quegli aspetti che potrebbero sfuggire ad una lettura individuale da parte del bambino che, ancora piccolo, si sofferma ad osservare a lungo le immagini per capire lo svolgimento della storia e che, invece, dall’ascolto dell’educatore, percepisce quelle che possono essere le diverse voci dei personaggi, se l’adulto le differenzia fra loro, oltre a comprendere un più preciso ordine delle sequenze della storia.
Ogni libro possiede la propria “voce” interiore e perché emerga è necessario che l’educatore abbia alle spalle un’esperienza già costituita da numerose occasioni di lettura ad alta voce perché, quella propria del libro, si distingua a seconda di ciò che l’autore con la sua storia vuole comunicare.
L’incontro del bambino con la lettura deve essere qualcosa di naturale e non imposto perché possa nascere un legame molto profondo che li tenga uniti per tutta la vita come “compagni di viaggio”, nel cammino di crescita che il bambino dovrà intraprendere.

lunedì 14 febbraio 2011

La fiaba moderna e quella popolare

Marcello Argilli nel suo libro " Ci sarà una volta. Immaginario infantile e fiaba moderna", afferma che la fiaba moderna deriva dalla fiaba popolare, però si distacca da essa in quanto esprime esperienze e bisogni fantastici di un’infanzia che è cresciuta in una società che si è evoluta.
È un’invenzione individuale a differenza di quella popolare, che derivava dall’accumulo di esperienze storiche, stereotipi, tramandata oralmente e soggetta a continue modificazioni a seconda del narratore.
Perché ideata al giorno d’oggi può meglio corrispondere al vissuto fantastico ed emotivo dei bambini e, come sostenuto da Antonio Faeti, che il libro ha perduto la sua centralità diventando un medium tra i media, proprio per questo la fiaba moderna può soddisfare meglio le esperienze e i bisogni fantastici di chi si è formato in una società massmediale, continuando però ad essere condizionata dai materiali e dai simboli della fiaba popolare.
Il destinatario della fiaba moderna è il bambino in età pre-scolare e scolare che comincia a sviluppare conoscenze e curiosità più ampie, sia per esperienza diretta che mediata dai mass media.
Svanisce perciò l’interesse per la fiaba popolare perché i personaggi, gli ambienti, le situazioni del suo mondo fantastico entrano in contrasto con le esperienze, i giochi e il patrimonio di nuovi personaggi e immagini audiovisive, di cui il bambino usufruisce nella realtà contemporanea.
Per l’autore, la fantasia dei bambini è stimolata da molteplici esperienze massmediali che costituiscono un arricchimento della capacità d’immaginazione, per cui per comunicare con loro non si può non considerare il ruolo svolto dai mass media, e quanto questo influisca sulla proposta di storie infantili.
Gianni Rodari sostiene ”I ragazzi di oggi hanno bisogno di un ritmo più veloce nei racconti: il ritmo del cinema, il ritmo del nostro tempo.”
L’avvento della televisione, comporta anche un rinnovamento del linguaggio e dei materiali della fiaba, che si riferiscono a bambini molto informati, svegli e recettivi, non mancando di considerare la consapevolezza che essi hanno acquisito dei diversi generi narrativi massmediali (racconto audiovisivo).
Secondo quanto afferma Argilli, la fiaba moderna ha stretto legami con il mondo che appartiene ai generi cinematografici, televisivi e fumettistici e si esprime con un linguaggio più immediato e stimolante, in grado di cogliere meglio i bisogni ed esperienze dei bambini.
Bisogna tenere conto, di come le letture proposte dalla scuola e dal mercato contribuiscano a formare i futuri lettori.
L’impatto con la lettura sarà, quindi, più facile con storie che hanno personaggi, ritmi narrativi e linguaggio che il bambino avverte più vicini a se stesso, non troppo contrapposti alle storie audiovisive, alle quali è assuefatto.
Oggi, il bambino, è bombardato da un’elevata quantità di immagini da non riuscire a distinguere l’esperienza diretta da quella vista alla televisione, per questo la fiaba moderna può agire come filtro, organizzando le idee nella mente del bambino, e offrendo risposte ai bisogni infantili. La fiaba moderna, elaborando le molteplici possibilità fantastiche della società attuale, aiuta il bambino a scoprire ciò che di meraviglioso si trova nascosto dietro la vita quotidiana, stimolandolo ad applicare la sua fantasia alla realtà che lo circonda, e a non essere solo soggetto passivo degli stimoli massmediali.
Per lo scrittore, attualmente, i bambini non crescono più nella sicurezza di una famiglia allargata o di una comunità ben integrata, per cui è importante fornire loro immagini di eroi che devono uscire da soli nel mondo e che, nonostante all’inizio siano all’oscuro delle finalità a cui devono mirare, possano però trovare dei luoghi sicuri nel mondo, seguendo la via giusta, guidati dalla fiducia interiore.
Immagini di eroi moderni, con cui il bambino si possa identificare e vivere quelle iniziazioni che lo aiutino a conoscersi meglio, favoriscano lo sviluppo della sua personalità e aumentino la consapevolezza della società in cui vive.

domenica 13 febbraio 2011

Il superamento del Complesso di Edipo

Il bambino può provare rancore nei confronti del padre che rappresenta l’ostacolo che si frappone fra lui e la madre, nell’ottenere da questa tutto l’amore che vuole avere in modo esclusivo.
La fiaba gli propone quelle che potrebbero essere le possibili soluzioni per giungere a questo scopo.
Dalla fiaba egli, però, riesce a capire che non è il padre che ostacola il loro amore ma la colpa è di un drago malefico che il bambino deve uccidere.
Egli capisce poi, che ciò che desidera in realtà è l’amore di una fanciulla che non ha ancora incontrato, tenuta prigioniera da un malvagio essere, che vorrebbe essere salvata per poi sposare l’eroe.
Il finale in cui sono presenti gli eventuali figli, nati dal rapporto d’amore dell’eroe con la giovane ragazza, non rientra a far parte di quella che il bambino considera un’esistenza felice, perché questo comporterebbe lasciare la madre per occuparsi del sostentamento della famiglia, mentre nella situazione edipica il bambino non può separarsi dalla figura materna.
Nel caso dei conflitti edipici di una bambina, ciò che ostacola il suo rapporto d’amore con il padre è una donna anziana, immagine simbolica della madre, che è gelosa della sua bellezza e per questo la tiene prigioniera.
La bambina desidera avere dei figli con il padre, perché è consapevole del fatto che questi sono ciò che permette ad un uomo e ad una donna di essere più uniti fra loro, non implicando però il rapporto sessuale, di cui non concepisce ancora la necessità.
La bambina nonostante provi dei sentimenti negativi nei confronti della madre, ha la necessità di poter continuare a ricevere le cure da lei, perciò la divide in due figure separate fra loro, la madre buona e quella malvagia, potendo così, allo stesso tempo, essere sostenuta e difesa da quella buona riservando a quella malvagia, quei sentimenti di collera e rabbia che prova nei suoi confronti, senza pentirsene.
Secondo quanto attesta Bettelheim, il genitore o l’educatore, accostandosi al bambino nel presentargli la fiaba contribuisce a sostenerlo, con la sua vicinanza, nel percorso di crescita che sta compiendo, aiutandolo a credere sempre ad una soluzione felice ad ogni difficoltà.
Se i sentimenti di rabbia e collera che il bambino prova rimangono inespressi nel suo inconscio, egli continuerà ad essere sopraffatto continuamente da emozioni negative.
Per evitare questa condizione, deve essere esteriorizzato il mostro interiore che lo opprime attraverso le soluzioni che le fiabe propongono perché in questo modo, può trovare la spiegazione ad una situazione di angoscia.
Dopo aver portato a termine le imprese l’eroe risulterà vincitore, perché attraverso le difficoltà affrontate è cresciuto interiormente, conquistando la propria identità, e per questo sarà degno di comandare sul regno, dopo aver contratto il matrimonio con la partner adeguata.
Nel bambino questa conclusione rappresenta la risoluzione dei conflitti edipici, e la raggiunta formazione di individuo con la propria personalità ed identità.
Inoltre, il bambino, sente la necessità che la giustizia faccia il suo corso, così che il malvagio della fiaba venga punito per le crudeltà commesse, perché solo in questo modo potrà esserci la giusta risoluzione, sia per la dura lotta compiuta dall’eroe, che per il bambino che in questo modo vedrà prospettarsi un futuro felice privo di contrasti.

sabato 12 febbraio 2011

La fiaba e le sue funzioni

Secondo quanto sostiene Bettelheim, la fiaba riflette il modo di pensare del bambino, rispecchia la sua visione del mondo, in quanto egli ha un pensiero animistico, per cui pensa che gli oggetti inanimati abbiano una vita propria, ed è egocentrico perché gli risulta normale, per esempio, che gli animali della fiaba rispondano alle domande che l’eroe pone loro, perché lo ritiene possibile.
Per l’adulto le risposte fornite dalle fiabe sono una fantasticheria, perché non è in grado di capire che il bambino non possiede ancora il pensiero razionale, e quindi ciò che la fiaba gli propone, quanto a soluzioni possibili, sono per lui adeguate al suo modo di pensare, perché in grado di capirle.
Sminuire le sue fantasie significa negargli quel senso di sicurezza di cui ha bisogno per affrontare i problemi che gli si presentano, e per consolidare la fiducia nelle proprie capacità.
Deve potersi sentire giustificato poi, nel provare alcuni pensieri che lo opprimono e lo sconvolgono, le cosiddette “fantasie di rivincita” , perché in questo modo potrà acquisire quella fiducia necessaria che lo porterà a risolvere le difficoltà.
Le fiabe, inoltre, svolgono la funzione di ordinare il caos che è presente nella mente del bambino, organizzando le sue idee, oltre a divertirlo e a dargli degli insegnamenti, attuando una certa continuità fra ciò che percepisce e la realtà circostante.
È bene che l’adulto proponga al bambino sia storie realistiche che fiabe, perché egli possa entrare in contatto con diverse tipologie di storie, che incrementano quello che è il suo pensiero razionale ed affettivo.
Il bambino, però, non dovrebbe venire a conoscenza di ciò che i personaggi delle fiabe rappresentano simbolicamente, perché questo potrebbe sconvolgerlo, aumentando il forte senso di colpa che già prova, per i pensieri oppressivi che lo turbano, mentre, invece, il ruolo della fiaba è quello di confortare, e placare quei sentimenti contradditori ai quali non saprebbe porre rimedio da solo.
Se non viene a contatto con le fiabe, a causa di tutte le sensazioni negative che prova, potrebbe sentirsi abbandonato, non degno di considerazione.
Egli necessita perciò di una continua rilettura, che gli permetta di calarsi nel ruolo del personaggio attraverso la drammatizzazione, per sentirlo più vicino a sé.
L’opinione dello studioso è che, le illustrazioni presenti nelle fiabe sono una fonte di distrazione per il bambino, perché con la lettura ad alta voce, da parte dell’educatore, dovrebbe essere in grado di formarsi le proprie immagini mentali, se invece queste gli vengono già rappresentate, si troverà a subire un ruolo passivo, non riuscendo ad alimentare la propria creatività.
Le fiabe iniziano con una situazione problematica che l’eroe deve affrontare; così anche il bambino, nella vita quotidiana, si scontra con numerose difficoltà che deve superare, trovando delle soluzioni ai propri problemi.
Le fiabe non devono partire mai dalla realtà fisica del bambino, perché questo potrebbe incrementare il suo senso di angoscia rendendolo consapevole dei pensieri oppressivi che prova, rappresentati simbolicamente dalle figure malvagie che l’eroe deve sconfiggere.
Dal momento che per il bambino è piacevole viaggiare con la fantasia, al termine della lettura è bene fare anche ritorno alla realtà di tutti i giorni, perché non rimanga intrappolato in una visione distorta della vita, così come l’eroe della fiaba, dopo aver affrontato numerose avventure, ritorna alla sua esistenza quotidiana.
Nella fiaba può accadere che una persona venga divisa in due entità fra loro separate, e questo è ciò che fa anche il bambino quando si trova a dover affrontare una relazione per lui troppo complessa.
Freud ha definito questo processo in psicanalisi “romanzo familiare”, perché il bambino crede che solo uno dei genitori sia vero.
La stessa cosa si verifica anche nelle fiabe perché spesso dei due genitori, uno non è quello vero, ma si tratta, per esempio, del patrigno o della matrigna.
Questa tecnica consente al bambino di esprimere i sentimenti negativi verso il falso genitore senza provare senso di colpa, e quindi, potendo in qualche modo giustificare i pensieri oppressivi che lo schiacciano.
Secondo quanto dichiara l’autore, la fiaba svolge un ruolo molto importante, nel valorizzare quelle che rappresentano delle piccole conquiste del bambino, che in questo modo si sente accettato e sostenuto, incrementando quella fiducia interiore di cui necessita per sconfiggere i problemi che gli si presentano.
Infatti spesso accade, che colui che nella fiaba viene definito come “sempliciotto”, in realtà si riveli un eroe molto abile, che dopo essere stato sottovalutato si dimostra in grado di abbattere i pregiudizi e di farsi valere per quello che in realtà è.

venerdì 11 febbraio 2011

Cos'è la fiaba e il suo confronto con il mito

Bruno Bettelheim, nel suo libro "Il mondo incantato",sostiene che le fiabe sono delle componenti fondamentali nella vita del bambino perché lo aiutano nella scoperta della propria identità e nella formazione del carattere: in questo cammino di ricerca personale, come l’eroe della fiaba può contare sull’aiuto di figure favorevoli, per portare a termine la propria missione, così il bambino, identificandosi con esso, potrà cogliere quelle che sono le soluzioni che lo aiuteranno a risolvere i problemi che si troverà ad affrontare.
Nelle fiabe i processi interiori di un individuo sono esteriorizzati e si manifestano nelle avventure che gli eroi devono fronteggiare ed in cui il bambino può rispecchiarsi.
Un esempio di come la fiaba abbia una funzione terapeutica, nell’aiutare il bambino a superare le proprie difficoltà e le ansie che lo opprimono, lo si può ritrovare presso la popolazione indù, in cui ad un individuo che era turbato gli veniva assegnata una fiaba che rappresentava il suo particolare problema, e attraverso la lettura di essa poteva trovare le soluzioni che lo avrebbero aiutato a superare la situazione di difficoltà.
La fiaba non pone richieste esplicite al bambino, per cui egli non è costretto a comportarsi nel modo in cui è descritto il comportamento dell’eroe, ma può scegliere di adottare alcune soluzioni che meglio si applicano alla situazione che sta vivendo.
Spesso ai bambini, però, vengono presentate delle versioni non originali delle fiabe, che, essendo snaturate, non sono in grado di esprimere il loro significato più profondo. Da tali fiabe vengono eliminati gli elementi più mostruosi e ripugnanti che, secondo il parere dei genitori, potrebbero turbare i piccoli, non essendo consapevoli che, al contrario, sono proprio quei componenti che aiuteranno i bambini a sconfiggere i mostri interiori che li turbano.

Le fiabe sono state a lungo tramandate oralmente e modificate, a seconda di quello che poteva riscuotere maggiore interesse nell’ascoltatore ed in base a quelli che erano i problemi che si vivevano in un determinato periodo.
Sia le fiabe che i miti esprimono un conflitto interiore in forma simbolica, e offrono le soluzioni per risolverlo.
Secondo quanto afferma Bettelheim, l’eroe del mito è considerato come una figura con cui il bambino dovrebbe identificarsi, ma è “distante” da lui per grandezza divina, rispetto alla piccolezza dell’essere umano: per quanto questi si possa sforzare non riuscirà mai raggiungere la maestosità dell’eroe, che è un essere virtuoso.
Al contrario, l’eroe della fiaba, viene considerato vicino alla realtà del bambino, è un uomo ordinario, che dopo aver compiuto le sue imprese ritorna alla sua vita quotidiana sulla terra, sperando in un’esistenza felice.
Gli eventi trattati nelle fiabe sono comuni, potrebbero accadere nell’esistenza di una persona, mentre quelli che si verificano nel mito sono grandiosi, epici, che non hanno nulla a che fare con la vita del bambino.
La fiaba è caratterizzata dall’ottimismo, tanto che al termine è sempre presente il lieto fine, di cui il bambino sente il bisogno, per capire che le sofferenze che sta provando in un determinato periodo della sua vita sono passeggere e tutto si risolverà in modo positivo.
Il mito invece si differenzia per il pessimismo, perché si conclude sempre in modo tragico, con la morte dell’eroe, che però, come ricompensa per le sofferenze subite, spera nella vita eterna nel cielo.
Questo pessimismo lo si può riscontrare anche nel bambino, che è preda di conflitti edipici da cui cerca di liberarsi e per farlo deve poter avere la sicurezza di sperare in un futuro migliore, rispetto alle difficoltà che sta vivendo. Quindi proprio la fiaba gli indica quelle che sono le soluzioni che lo aiuteranno a raggiungere uno stato di benessere.
Le crisi che spesso si trova ad affrontare sono rappresentate simbolicamente, nella fiaba, dall’incontro con personaggi particolari, come streghe, orchi e altre figure mostruose, che ostacolano l’eroe nel raggiungimento del suo obiettivo finale e che simboleggiano le difficoltà con cui il bambino si scontra tutti i giorni e che deve superare per conquistare la propria identità.